La Gazzetta dello Sport è nata il 3 Aprile 1896, all’alba della prima Olimpiade moderna ad Atene. Era nata verde e poi era diventata rosa, non per scelta di chi la stampava, ma solo perché aveva a disposizione solo carta rosa… Adesso conta 125 anni e io ne ho passati praticamente 47 con lei. Un matrimonio. E, come ogni matrimonio che si rispetti, ne ho vissuto i momenti difficili e quelli esaltanti. Sono stato assunto con decorrenza dal 1 maggio 1974, festa dei lavoratori e quel giorni andai a vedere delle gare di atletica all’Arena di Milano.
I tempi bui arrivarono quasi subito, quando la Fiat, che aveva in gestione la testata, per risparmiare voleva passare dalla carta rosa a quella bianca. Un vero insulto al marketing, perché il colore rosa era la nostra bandiera. Per fortuna non ci riuscì e la gestione passò alla Rizzoli. Fu un cambio epocale, perché con la nuova gestione arrivò come direttore Gino Palumbo, napoletano che lavorava 14 ore al giorno e controllava ogni piccolo dettaglio. Lui cambiò l’organizzazione del lavoro nel giornale, nella prima assemblea disse: “Io sono il direttore e non andrò in trasferta come succedeva in passato e anche i caporedattori saranno in sede a coordinare il tutto”.
Era una vera rivoluzione. Per noi giovani, un poco presuntuosi e saccenti, creò una sorta di corso su come impostare la rubrica Tutte notizie. Qualcuno sorriderà, ma ogni giorno ci massacrava perché in quella rubrica doveva entrare almeno 20 brevi e non 4 o 5 come prima. Aveva ragione, Palumbo aveva il massimo rispetto per il lettore. Poi, per un anno, ci impose titoli come: “Ecco perché la Ferrari vince” . Dovevamo spiegare in modo semplice a tutti, evitando un linguaggio tecnico che poteva essere capito da pochi. Bisogna semplificare, ma offrendo un’informazione che tutti potessero capire. Aveva ragione anche in quello. Con lui siamo passati dal 170.000 copie fino a 1.200.000 ai Mondiali 1982.
Grazie a lui e logicamente anche alla migliore distribuzione della Rizzoli. Ho voluto ricordare questo inizio, perché segnò la prima grande svolta, che poi continuò con Candido Cannavò. Fare parte della Gazzetta è come una fede, è una maglia che ci è cucita addosso. Grazie a lei ho avuto la fortuna di fare esperienze uniche. E’ stato sempre un viaggio fantastico. Un matrimonio, come ho detto, che può avere alti e bassi, ma ti riempie la vita.
di Gianni Merlo
Presidente AIPS e storica firma Gazzetta dello Sporte

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