Dieci trofei per la Juve femminile in cinque stagioni, di cui tre in questa, sono un bel bottino. Ma domenica 22, nella gradevole cornice del Mazza a Ferrara, nonostante il solleone, le bianconere hanno penato parecchio contro una Roma più viva, più frizzante, più tatticamente duttile e molto più pericolosa offensivamente, ma anche, ahimè, molto più scialacquatrice. E dopo Supercoppa e campionato la Coppa Italia è andata a Torino.

Tutto di marca giallorossa il primo tempo, esterni larghi ai limiti del fallo laterale, uno contro uno spesso razzenti, “dai e vai” sul modello cestistico. Tanto che, verso il 30’, Montemurro, coach sabaudo, accentra la capitana Sara Gama, che diventa il secondo centrale, e richiama a fare la quarta Lundorf. Ciò accade dopo una miriade di occasioni capitoline e soprattutto dopo il vantaggio romanista su penalty, trasformato da Andressa e procurato da “zanzara” Haavi, davvero molto intraprendente.

Nella ripresa il copione non cambia molto, la Juve è decisamente più strutturata sul piano fisico, ma la manovra è lenta, compassata, sterile. La svolta avviene su un secondo calcio di rigore, questa volta a favore delle campionesse d’Italia, con Roma ridotta in dieci. Quattro minuti dopo la vittoria la firma il capitano Sara Gama, in veste di incursore offensivo.

Non so se sia un complimento, ma le ragazze giocano esattamente come i maschi. Costruzione dal basso, centrale di mezzo campo che scende, rilanci larghi dei portieri, cambi gioco, molta compattezza. Se c’è un giocatore/giocatrice di qualità, allora la scintilla scompagina la monotonia. Comunque, 22 tiri verso la porta avversaria, sommati, non sono male. Il Presidente Gravina e la sua collega Mantovani possono essere soddisfatti. Sponsor di livello (Socios) e ricordo di Giovanni Falcone nell’anniversario della strage di Capaci. La strada verso il professionismo è tracciata.
