La “sceneggiata” di cui il presidente del Napoli, Aurelio De Laurentiis (nella foto tratta da www.vocedinapoli.it), si è reso triste protagonista nel dopo partita tra Napoli e Real Madrid è una delle pagine più sconcertanti nel quadro dei rapporti tra società di calcio e giornalisti, rapporti da tempo in via di rapido deterioramento. L’Unione Stampa Sportiva Italiana non vuole semplicemente esprimere solidarietà alle testate e ai colleghi coinvolti ma intende anche riaffermare la necessità di riportare tali rapporti dentro una dinamica di confronto civile, nel rispetto dei propri ruoli. Non si può dire in tv la prima cosa che passa per la testa, magari confusa per un’eliminazione bruciante e in parte immeritata, né si può né si deve, quando si hanno simili incarichi, giustificare le proprie argomentazioni diffamatorie con la rivendicazione del diritto a dire liberamente quel che si pensa. Sopratutto quando si esprimono luoghi comuni falsi e pericolosissimi, contestati per altro in diretta in modo appropriato e misurato dal collega in studio.
Soprattutto, non si può e non si deve fare riferimento a un giornalista già oggetto di gravi atti intimidatori aggiungendo, subito dopo una solidarietà di facciata, un concetto insostenibile: “I giornali del Nord odiano il Sud”. I giornalisti non odiano nessuno, fanno semplicemente il loro lavoro.
L’Unione Stampa Sportiva Italiana manifesta la massima preoccupazione per un simile comportamento, per altro non nuovo da parte del presidente De Laurentiis, e chiede un intervento immediato ed energico da parte delle massime istituzioni dello sport, Coni e Figc, per fermare una volta per tutte una spirale insidiosa che ha già superato il livello di guardia avvelenando il mondo dello sport italiano. Detto tutto questo l’Ussi è pronta a sostenere il collega minacciato in tutte le sedi opportune dove lui voglia difendere la propria dignità e il proprio lavoro, che sono patrimonio comune.
Stampa e potere, l’autogol di De Laurentiis
di Gianfranco Coppola, consigliere nazionale Ussi
A Napoli nel bilancio di una serata magica, fatta eccezione per il risultato, dall’urlo Champions da record ai primi 50 minuti da cineteca, spiccano due elementi che fanno capire come il calcio sia davvero il racconto della vita. Il giro di campo con ovazione per Careca simboleggia la forse unica capacità che ha il calcio di rendere appassionanti i racconti tra le generazioni. Allo stadio erano in tanti quelli che 30 anni fa non erano nati, ma sapevano perfettamente chi fosse il brizzolato signore che tirava bombe nelle porte avversarie. E nella coreografia del tifo è sbucato uno striscione né imponente né variopinto: Ferlaino torna. Secco, una frustata, in mondovisione, per De Laurentiis.
Il dopo gara del presidente è stato ancora una volta nefasto. Sandro Sabatini è stato mio compagno di lavoro anni fa, lo conosco dai tempi in cui era giovanissimo e brillante speaker del basket a Montecatini. Ha provato ad arginare lo tsunami presidenziale mostrando fastidio. Urlare senza contraddittorio e accusare assenti è notoriamente scorretto. Ma abbinare popolarità a lucidità non è facile. De Laurentiis ha sbagliato più volte. Premetto che la Gazzetta dello sport non ha bisogno di avvocati difensori, e il collega e amico Mimmo Malfitano conosce la strada del giornalismo partendo da campi polverosi non da box riscaldati e hostess gentili. A lui solidarietà anche come marito e genitore, sapendo come proiettili verbali sparati al microfono possano creare inquietudini in chi va a fare la spesa o va al cinema o a lavoro senza scorta. E intendo i familiari di Mimmo, soprattutto. Poi ci commuoviamo di fronte alle disgrazie improvvise, alle vittime innocenti. Tra social che diventano campi di sterminio (pensiamo a Tiziana Cantone, la ragazza suicida dopo suoi video hard in rete) e parole in libertà, siano i 140 caratteri dell’eccellenza o le vagonate di parole su Facebook, pensiamo tutti di vivere da primattori, senza osservare le regole. Soprattutto del buonsenso.
Torniamo a Ferlaino, dunque. Quando il Napoli urlò l’applicazione del criterio della responsabilità oggettiva per la monetina che colpì Alemao a Bergamo, trovò al suo fianco nella esigenza della corretta applicazione delle regole la redazione sportiva della Rai, direttore generale Biagio Agnes, e due giornali del nord: il Corriere della sera e la Gazzetta dello sport. I primi quotidiani che avevano in squadra esperti di politica sportiva: Nino Petrone sul Corrierone, Mino Mulinacci sulla Gazzetta. Avversario nella contesa era il Milan del potente e ricco Berlusconi, ma Ferlaino viaggiò tra i Palazzi del Pallone con sottobraccio i due influenti giornali milanesi che ribadivano le ragioni del Napoli. Basta questo per confermare il rigore dei giornali, e soprattutto ribadire come non serve – in Italia – affrontare la folla scortato da bodyguard che sembrano la riedizione di guardiani della Cia, a Langley in Virginia. Non serve isolare la squadra dal contesto non regalando un allenamento mensile al San Paolo, gratuito, per i tanti nonni, genitori e bambini che vivono le difficoltà di una città con alto tasso di disoccupazione.
Il discorso sarebbe ancora lungo, e “Nord chiama Sud” era una trasmissione della Rai, si produceva proprio a Napoli, che richiamava la voglia di unire il Paese. Il titolo di Libero è stato mortificante giorni fa (piagnisteo napoletano) ma ha trovato chi è riuscito a fare peggio.