Alberto Polverosi Corriere dello sport
FIRENZE, 6 aprile 2020 – Nel tardo pomeriggio di ieri è morto all’ospedale di Careggi, dove era stato ricoverato due giorni prima per un lieve malore, Alessandro Rialti, fiorentino, 69 anni, storico corrispondente da Firenze del Corriere dello Sport-Stadio e cronista di punta della Fiorentina che raccontava con la sua prosa pacata e appassionata.
Con sgomento e profondo dolore l’USSI si stringe attorno alla famiglia nel ricordo di un carissimo amico e di un grande collega.
Alberto Polverosi, prima firma del Corriere dello Sport-Stadio e già responsabile della Redazione di Firenze della quale Alessandro Rialti aveva fatto parte, lo ricorda così nelle pagine di oggi del giornale.
“Sandro così no, cazzo. Così non lo dovevi fare. Più di quarant’anni insieme, in via Condotta, poi in via Carnesecchi, e tu molli me e tutta la tua gente in questo modo. Ti ho chiamato alle sei e mezzo del pomeriggio, abbiamo sparato le nostre bischerate, mi hai chiesto, puttana della
miseria, se c’erano novità al giornale. Novità al giornale… In tutta la mia vita non ho conosciuto nessuno, giuro nessuno, che avesse questo cazzo di giornale dentro se stesso come te.
Io sono qui che non realizzo. Non capisco, non mi rendo conto. Cammino fra le stanze di casa mia come uno scemo. Devo scrivere, egoisticamente è l’unica salvezza che ho in questo momento. Ma è come se scrivessi di me stesso, della mia vita, che conosci meglio di quanto la conosca io e del resto io conosco la tua meglio di quanto la conosca tu.
Cosa dovrei scrivere ai lettori che già non sappiano di te? Che sei unico? Lo sanno. Che sulla Fiorentina non è mai esistito un cronista come te? Sanno pure questo. Che tutti gli allenatori passati dalla Fiorentina ti hanno sempre dato la formazione il giorno prima? Anche questo è noto. Dovresti sentire la voce di Claudione quando l’ho chiamato…
Ma un racconto voglio che resti alla tua gente. Nel 2004, il giorno in cui chiusero la nostra redazione di via Carnesecchi, quella a due passi dallo stadio, io ero già stato trasferito a Milano. Tu mi chiamasti la sera, te lo ricordi?, e mi dicesti queste parole: “L’unica consolazione è stata la tua assenza. Mentre portavano via le scrivanie, i libroni e tutte le nostre cose, saresti stato troppo male”. Mi venne da piangere,mentre ora non ci riesco. Anche perché tu resterai sempre con me. Alberto“.
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