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Indimenticabile Nando e il suo racconto dello sport

Indimenticabile Nando e il suo racconto dello sport

I ricordi di Tonino Raffa storica voce di Radio Rai

Maggio 2004-maggio 2024. Venti anni dall’addio a Nando Martellini. Per la grande lezione che ha lasciato più che parlare della morte è giusto celebrare la vita di un mito, consapevoli come siamo che i miti non tramontano mai. Quando la Tv era ancora in bianco e nero, le sue telecronache erano già a colori: si può prendere a prestito questa battuta di Sergio Zavoli per ricordare un maestro di livello assoluto. Definizione efficacissima, se riferita alla sobrietà e alla chiarezza divulgativa del linguaggio, ma forse troppo didascalica per illustrare la carriera straordinaria di un principe del microfono entrato di diritto nel Pantheon degl’immortali. Nella stagione che coincide con i cento anni della Radio e i settanta della Televisione, il nome di Martellini ci riporta all’età dell’oro del giornalismo sportivo. Un periodo nel quale (chiusa la fase preistorica di Carosio) insieme con lui, hanno brillato altri due fenomeni come Sandro Ciotti ed Enrico Ameri. Tutti e tre si sono congedati quasi contestualmente da questo mondo nello spazio di pochi mesi, quasi a sugellare, nello stesso arco di tempo, la fine di un’epopea indimenticabile. Se Carosio è stato un mito per la sua intonazione secca carica di patriottismo, se Ameri è stato il modello del radiocronista impetuoso e passionale e se Ciotti ha rappresentato un esempio di analisi tecnica e di ricchezza lessicale, Martellini è stato il volto e la voce romantica di una informazione a garanzia certificata : attento, scrupoloso, documentato, lineare nei concetti. Ma in chi, come il sottoscritto, ha avuto la fortuna di conoscerlo, Nando ha lasciato soprattutto il ricordo di un professionista dalle grandi qualità umane : elegante, paterno, composto, raffinato, cordiale. Amava l’arte e la musica operistica, nel rapporto personale aveva lo stile e il garbo di un collegiale di Oxford. Certo, il grande pubblico lo ricorda principalmente per l’indimendicabile telecronaca della semifinale mondiale di Città del Messico tra Italia e Germania, nel giugno del 1970 (vinta dagli azzurri ai supplementari con il punteggio di 4 a 3) e per il modo con cui al Bernabeu di Madrid, l’undici luglio del 1982, ripetè per tre volte la celebre esclamazione “Campioni del mondo”, dopo la vittoria degli azzurri di Bearzot, ancora sulla nazionale tedesca. Ma non tutti sanno che la carriera di Martellini è iniziata per caso e somiglia molto a una favola di Andersen. Siamo nell’autunno del 1944 e, nella Roma appena liberata, al giovane Nando (che frequenta la facoltà di Agraria all’Università di Perugia) i principi Barberini (alla cui corte il papà lavorava come autista) offrono un posto di lavoro come bibliotecario. Il giorno prima di prendere servizio, Martellini viene convocato negli uffici dell’Eiar (che poi diventerà la Rai), ente al quale aveva presentato domanda per fare l’annunciatore : “I posti di annunciatore sono coperti ma cerchiamo aspiranti giornalisti. Se vuole può provare”. E a quel punto si spalancano le porte del destino : nella settimana successiva Martellini firma il suo primo contratto. Insieme con lui, vengono messi alla prova altri tre ragazzi che dimostreranno anche loro di avere talento giornalistico : Lello Bersani e i fratelli Sergio e Alberto Giubilo. Nasce così il mito del radiotelecronista gentiluomo che, dopo aver rinunciato al posto di bibliotecario, metterà insieme dieci campionati del mondo di calcio, tre Olimpiadi, diciotto Giri d’Italia, dodici Tour de France e commenterà a lungo il campionato sulle pagine del Radiocorriere e sulle frequenze della Radio Vaticana.

Diciamo che (come ricorda la figlia Simonetta, brava e affettuosa collega ai tempi del GR sport) la voglia di raccontare record e grandi risultati faceva parte dei suoi sogni già sui banchi di scuola. Nel 1936, come premio per una brillante pagella alla quinta ginnasiale e per festeggiare il suo quindicesimo compleanno, viene inviato in gita alle Olimpiadi di Berlino. Ed è li che, affascinato da tante imprese e dal mito di Jesse Owens, sboccia in lui la passione per il mestiere. Altra curiosità : una volta assunto non viene destinato allo sport, ma, ben conoscendo le lingue straniere, viene assegnato alla redazione esteri. Solo nel 1958 approda al pool sportivo, partecipa alla ideazione di “Tutto il calcio minuto per minuto” ma, grazie alla sua versatilità, nel 1961 e nel 1963, gli vengono affidate le telecronache dei funerali di Luigi Einaudi e di Papa Giovanni ventitreesimo. E da lì in poi il suo percorso professionale diventa un crescendo rossiniano : europei del 1968, mondiali del 1970 (con Italia-Germania, definita la partita del secolo) fino a toccare la punta massima con il mondiale vinto dagli azzurri nel 1982 a Madrid, accompagnato da quel celebre, triplice, urlo finale entrato nella storia. In pensione dal 1986, viene richiamato dalla Rai come “fuori quota”, commentando settimanalmente gare del campionato e alcuni incontri del mondiale del 1990 per passare poi, nel 1992, alla Fininvest. Rientra in Rai qualche anno dopo come ospite del programma “Quelli che il calcio”, poi, nel 2003, riabbraccia il suo primo amore, la radio, rispondendo ogni domenica sera alle domande in diretta degli ascoltatori sulla giornata di campionato- Che la sua sia stata una vita da Oscar (riassunta in un bel libro di Cesare Borrometi e Pino Frisoli, con sontuosa prefazione di Massimo De Luca) lo confermano le diverse partecipazioni a film nei quali si può ancora ascoltare la sua voce : “La domenica della buona gente” , “i calciatori senza pallone”, “Il secondo tragico Fantozzi”, “La meglio gioventù”, “Come svaligiammo la Banca d’talia”, “Un uomo in vendita”, “Cuori solitari”. Alla sua memoria il comune di Roma ha intitolato lo stadio delle Terme di Caracalla. Molti gli eventi dedicati a lui. L’ultimo, promosso dall’USSI, l’unione stampa sportiva italiana, con l’intervento del presidente della Federcalcio Gravina, si è svolto nel 2023 nella sala stampa dell’Olimpico. Ho provato imbarazzo ed emozione nel leggere il mio nome nell’elenco dei premiati (insieme con quelli di colleghi prestigiosi come Ezio Luzzi, Riccardo Cucchi, Bruno Gentili, Gianni Cerqueti, Bruno Pizzul ed altri). A venti anni da quella grande perdita si può solo aggiungere che Nando è stato il protagonista di un’epoca nella quale contavano soprattutto gli uomini, il talento, i valori umani, non il business sfrenato di oggi. E il suo nome dovrebbe essere indicato come baluardo contro l’informazione urlata di oggi. Per concludere c’è un episodio che fotografa benissimo la grandezza del personaggio. In quell’undici luglio del 1982, dopo aver esultato in maniera composta al fischio finale di Italia – Germania, Martellini non pernottò a Madrid. Si imbarcò sul primo aereo utile per Roma. A Fiumicino non venne riconosciuto dal tassista che lo accompagnò a casa. Bussò al campanello e dietro la schiena aveva un mazzo di fiori per la moglie Gianna. Quell’undici luglio era il loro l’anniversario di nozze.

Tonino Raffa

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