(GFC) – E’ stato sicuramente un grande presidente della Federcalcio. Rampollo di una ricca (in termini economici ma soprattutto di valori) famiglia barese, col club pugliese esaltò il calcio moderno con un allenatore all’epoca avanguardista (Enrico Catuzzi) e come dirigente di B, poi promosso, arrivò al vertice della Lega di A battendo nientedimeno che Artemio Franchi, giustamente una sorta di faraone, quando l’intuizione dell’avvocato Colantuoni presidente del Varese lo lanciò nella mischia. Primi anni Ottanta. E ha ottanta voglia di essere I centro di analisi e amabili chiacchierate Tonino Matarrese. “ricordo con emozione quel giorno che mi scaraventò su giornali e tv: Matarrese, e chi è? Mah insomma un po’ esagero, qualcosa avevo fatto. Deputato democristiano, quando la politica era formazione e non solo possibilità di agganciare posti sicuri in lista, mai ha mischiato vicende di partito col calcio isola sacra. Al quale si è poi dedicato a tempo pieno. L’Under 21 di un calcio che credeva nei settori giovanili era il suo fiore all’occhiello. “Vincemmo con Vicini e Maldini i campionati europei, mettendo alla frusta corazzate come Spagna e Portogallo che avevano in squadra talenti super da Figo a Paulo Sousa e tanti altri. Ma noi avevamo Zenga, Matteoli, Vialli e Mancini e ancora ragazzi strepitosi che formarono poi l’osstura della squadra che non vinse ma entusiasmò d Italia ’90, quello delle notti magiche”.

“Coi giornalisti ho sempre avuto un rapporto improntato al rispetto, certo mi addolorai per l’etichetta di dittatorello di provincia affibbiatomi da Cannavò ma col tempo diventò il mio primo sostenitore. E sono grato all’Ussi per quanto ha fatto e fa anche in termini di generosa collaborazione, lo ricordo bene, con le Leghe e la Figc”.
Ha sfiorato il mondiale ad Usa ’94 quando l’Italia fu sfortunata per infortunio di Baresi al debutto, espulsione di Pagliuca e il Brasile che giocava sulle rive dell’Atlantico al fresco alle 21 e l’Italia nelle caldaie degli Stati Uniti a mezzogiorno. “Havelange era un gran signore ma sapeva che il suo potente segretario Blatter avrebbe tutelato il Brasile e la finale a Los Angeles finì 0 a 0 sul campo e la perdemmo ai rigori. Ma ancora oggi sono fiero di aver scelto Arrigo Sacchi come ct, l’uomo della svolta, del cambio di mentalità per il calcio italiano fino ad allora sparagnino e senza personalità se non difensiva”.
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