L’architetto del tricolore del ’70, il Cagliari dei sei nazionali con Rombo di tuono a scolpire gli almanacchi del calcio. A Roma il volume su Andrea Arrica scritto dal figlio Stefano e dai giornalisti Sergio Cadeddu e Gianluca Zuddas. “Quella squadra, Riva e Albertosi, il più forte portiere al mondo, sono nella memoria collettiva del Paese” rimarca Gianfranco Coppola.

di Mario Frongia
“Oggi, quando mi guardo indietro dico che Andrea Arrica me l’hanno mandato dal cielo i miei genitori perché non mi sentissi solo”. Una postfazione toccante. L’autore? Gigi Riva. Le 240 pagine di “Mio papà, il padre dello scudetto”, scritte da Stefano Arrica, primogenito del presidente storico dei rossoblù, Andrea, e dai giornalisti Sergio Cadeddu e Gianluca Zuddas, sono sbarcate alla sala Italia Unar del Gremio Sardegna di via Aldrovandi. Storie, aneddoti, flash formidabili di un mondo oramai scomparso. E non caso è stata commentata con commozione la scomparsa di Carlo Tavecchio, già presidente della Figc. Dall’attualità al passato. Il volume racconta del dirigente capace di strappare Domenghini, Poli e Gori all’Inter per Boninsegna. Dello stratega di mercato che per Rizzo ha avuto Albertosi e Brugnera dalla Fiorentina. Ma, soprattutto, dell’uomo che ha portato in Sardegna un mancino diciannovenne dalla faccia scavata, Gigi Riva. Andrea Arrica, l’architetto dello scudetto del Cagliari, raccontato dal figlio Stefano.

“Un presidente speciale, dotato di una conoscenza del calcio pressoché unica, abile nelle trattative e competente nel gestire un club di provincia. Impossibile fare paragoni con l’attualità. Ero e sono tifoso del Cagliari! In un recente lavoro a casa, mia moglie ha messo via diverse mie cose ma ha capito che non poteva spostare la teca con la maglia di Ricky Albertosi!” dice innescando la sala Gianfranco Coppola, numero uno dell’Ussi. Il presidente dei giornalisti sportivi italiani ha preso parte alla presentazione del libro.
Assieme a un campione indimenticabile come Nicola Pietrangeli (“Qualche birichinata con Andrea l’abbiamo fatta”) e grandi nomi della Sardegna, dal cardiochirurgo Valentino Martelli al radiologo Giovanni Simonetti, il manager sanitario Ugo Storelli, a Mauro Balata, presidente della Lega B e all’attrice Barbara Begala. Applausi anche per Antonio Dima, presidente di FederCusi, Roberto Fabbricini, già segretario generale del Coni e commissario della Federcalcio, il capo ufficio stampa del Coni, Danilo Di Tommaso. Il Gremio è sede pregiata di un pomeriggio prezioso. per la memoria, la cultura, le tradizioni. Andrea Arrica, dunque. Il presidente rossoblù che ai presidenti della A diceva: “Se Gigi ci lascia, lo vendo a te”. Per anni manovra perfetta per acquisire benemerenze e favori al Gallia, sede del calciomercato.”Mio papà, il padre dello scudetto” fotografa passaggi sconosciuti, scherzi, battute. Il giornalista Giorgio Fresu conduce. “Un libro che racconta un uomo che ha costruito una grande creatura. Ricordi che mi riportano all’infanzia. Sono emozionatissimo” dice Mauro Balata. Stefano Arrica, classe ’60, narra mezzo secolo di pallonate che hanno regalato alla tifoseria isolana, ma non solo, gioie, speranze, riscatto. “Con lo scudetto la Sardegna è entrata a far parte definitivamente nel Paese. Gianni Brera l’aveva detto a mio padre. Lui gli aveva risposto che ci sarebbe stato ancora molto lavoro da fare”. E non si sbagliava. “Con Andrea e la sua famiglia l’amicizia dei miei genitori è nata nei primi Sessanta. Ricordo la lealtà, ma anche la furbizia, l’essere sempre schietto, poco propenso agli accomodamenti. Capiva di calcio, e dei suoi colleghi, come pochi. In queste pagine – scrive Giovanni Malagò nella prefazione – Stefano narra un mondo, quello di quel calcio, che non c’è più. Parla di un dirigente che aveva intuito e vedeva lontano come pochi”. Applausi. “Da bambino ho vissuto cose irripetibili. Gigi Riva, tre volte capocannoniere e bomber ancora recordmen con l’Italia, veniva a prendermi a scuola con la sua Dino Ferrari. Era una sorta di divinità. Le maestre e i miei compagni sbiancavano. Mio padre mi ha fatto crescere facendomi capire e toccare con mano che nessuno mi avrebbe regalato nulla. Un insegnamento? Il valore di una stretta di mano e il rispetto, soprattutto per avversari e giornalisti” aggiunge Stefano. Che rilancia: “Per Italia ’90 ho fatto parte dello staff cagliaritano che seguiva l’Inghilterra. Sir Bobby Robson mi fece stare con la squadra nello spogliatoio. Esperienze uniche. Mio padre non interveniva mai, dopo ho saputo che mi seguiva passo passo”. Una storia nella storia. “Mio papà, il padre dello scudetto” è il film di una figura mitica del calcio e del Cagliari. Ma Andrea Arrica è stato anche imprenditore di successo, presidente del Coni e del Comitato regionale della Federgolf, fondatore del Cus Cagliari, “capitano” silenzioso di enti e associazioni. Nativo di Santu Lussurgiu, centro 39 chilometri a nord da Oristano, era noto per la generosità e per i clamorosi cesti natalizi con le bontà dell’isola inviati agli amici. Tra questi, ai Moratti, ai Carraro, a Franco Pesci e Virna Lisi, alla famiglia Malagò “Bottarga, prosciutti e salami deliziosi, pane cararasu, marmellate e dolci tipici: l’aspettavamo ogni anno con trepidazione!” ha ricordato il numero uno del Coni. Arrica studia medicina, lasciata per una brillante carriera da business men. “Mio padre fa parte di un’epoca tramontata. Impossibile equipararlo ai dirigenti sportivi del terzo millennio”. Il libro contiene flash e istantanee su una famiglia speciale in un periodo storico particolare. Rombo di tuono e gli altri dell’epopea che risale dall’addio alla C fino alla B, alla conquista della A, del tricolore. Con l’approdo alla Coppa dei campioni, le sfide con le grandi del pallone italiano, a colorare un sogno ineguagliabile. Pagine che hanno per cornice anche la quotidianità di un padre e del proprio figlio. Complessità, fatica, agi e scontri generazionali inclusi. La maturità paziente di una famiglia, con Stefano, la sorella Alessandra e mamma Freda, abili nel capire che il capofamiglia stava costruendo una miracolo irripetibile. “Mio padre diceva sempre che le sue mosse erano state solo una questione di fortuna. Ma era un fuoriclasse. Bleffava e sapeva farlo con umiltà”. Antonio Dima riannoda i fili. E rilancia: “Parliamo di competenza, conoscenze e intuito. Senza, nessuno può mettere assieme quel che ha fatto Arrica a Cagliari. Come i sardi noi salentini siamo testardi: come Andrea e Lilli Coiana avevamo un obiettivo: siamo diventati Federazione e questa è la mia prima uscita ufficiale!”. Un pomeriggio di straordinaria sardità. Eccellenza tra le eccellenze.




