di Alberto Bortolotti
“Guarda che tra 2 o 3 anni l’Italia è in condizione di vincere la Coppa Davis. Una concentrazione simile di talenti non c’è mai stata nella storia”. Ospite del “Pallone Gonfiato” in tv, Parla sciolto il 52enne Omar Camporese, bolognesissimo per quanto juventino (“eh, troppi errori banali, troppo nervosismo”, attenua, con quel nome che richiama direttamente Sivori, “il testone”), direttore tecnico da 6 anni a Mestre, dove alleva una cantera promettente.
“Certo che ho visto la finale di Sinner a Miami, non l’ha giocata bene, ma ci sta, ci sta anche che abbia avuto troppo fretta. L’avversario non mi pareva un grande atleta, l’avesse fatto muovere con più pazienza l’avrebbe portata a casa. Poi, sai, il tennis e lo sport girano anche su episodi: servi per il set, giochi uno dei game più brutti della tua carriera – giovanissima e brillantissima, intendiamoci -, e ti gira male il match. Se passava lì, vinceva lo stesso in carrozza, sono sicuro”.
“Stiamo sui numeri. Se migliora a servire e soprattutto a rete, diciamo se fa 7-8 punti a set attaccato al nastro, porta a casa tante partite – e posizioni nel range – da stancarsi. E’ già un top player, i colpi base sono impressionanti, non tira forte ma di più. Deve crescere anche nella manualità, ogni tanto un po’ di morbidezza non guasta. Vedi, oggi di tecnico – e tattico – non c’è tanto. In generale, non sto parlando di Jannik. Se si potessero trasferire ai ragazzi come lui queste competenze, così tipiche del tennis di alto livello fino a 20 anni fa, ne guadagnerebbe il gioco. Solo Federer è capace di fare mirabilie con gli attrezzi di oggi. Però Tsitsipas, Shapovalov e Thiem – tutti giocano il rovescio a una mano, non a caso – cercano di avvicinarsi a Sua Maestà”.
“Rimpianti per la mia carriera? Certo, se non mi fossi infortunato dopo quel torneo entusiasmante a Milano sarei entrato nei 10. E dei miei compagni dell’epoca ricordo con particolare affetto Paolino Canè – c’era tanta Bologna ! – e anche Cristiano Caratti e Renzo Furlan, con cui mi allenavo a Torino sotto la guida di Piatti, ora mentore di Sinner. Di Caratti ricordo un anno straordinario, specie sul veloce, poi non ho mai capito perchè non si sia confermato, a tennis giocava davvero bene”.