In un mondo di luci, suoni, spettacoli e gioia, c’e’ una bambina di 13 anni in carrozzina con un’ala sola, che ha paura di alzarsi da terra ma alla fine spicca il volo. Con questa immagine Tokyo accoglie le Paralimpiadi e i 4.400 atleti in cerca di un oro che dia voce al miliardo e più di persone con disabilita’ nel mondo. “Siamo il 15 per cento della popolazione mondiale”, dice lo spot in tutte le lingue. Le ali per volare, con la mente e con i sogni, metafora dell’impossibile che diventa possibile. Nonostante le limitazioni e la nuova ondata di Covid su Tokyo e le tensioni che si stanno vivendo in Afghanistan, oggi nella Capitale giapponese sono tornati i sorrisi di chi la propria disabilita’ l’ha fatta diventare una bandiera di orgoglio e rivincita sulla vita. Il presidente del Comitato internazionale paralimpico, Andrew Parsons, ha assicurato “che l’eredità dei giochi paralimpici porterà una nuova percezione della disabilita’ in questo Paese e in tutto il mondo”.
Dalle difficoltà dei decenni passati, con la coda di Rio dove le Paralimpiadi furono in forse per motivi finanziari, la luce del paralimpismo è cresciuta fino a diventare vera ispirazione nel mondo. Per questo, l’IPC ha regalato i diritti tv ai 49 paesi dell’Africa subsahariana, la NBC trasmetterà per la prima volta 1.200 ore dei Giochi negli Usa e i medagliati a stelle strisce riceveranno lo stesso premio dei loro colleghi olimpici, invece di un quinto come era finora. Simbolica poi la scelta pedagogica del Giappone, ben oltre le paure Covid: Tokyo ha annunciato di voler comunque attuare il programma che porterà agli impianti migliaia di bambini per seguire le gare, con tamponi prima dell’ingresso, bus dedicati, mascherine e percorsi da soli fino a scuola per evitare contatti. Ma non di vedere che si può gareggiare e vincere anche su una sedia a rotelle o volare con un’ala soltanto.
Dopo il messaggio dell’imperatore Naruhito (“Spero che le misure strettamente coordinate consentiranno a tutti gli atleti di competere nei loro sport in buona salute con completo impegno e tranquillità”) che ha dato il via ufficiale ai Giochi, è seguito lo spettacolo di luci e teatro con un pista di decollo, le scene di tanti atleti e artisti disabili che vivono la loro vita e provano a convincere la bimba in carrozzina con una sola ala a decollare, e poi l’ideale volo finale, fino all’accensione del braciere eseguita dai tre atleti nipponici, la tennista Yui Kamiji e le giovani promesse Shunsuke Uchida (bocce) e Karin Morisaki (sollevamento pesi). Una Paralimpiade che per l’Italia sarà sicuramente anche un omaggio a Alex Zanardi, simbolo del paralimpismo mondiale e rimasto gravemente ferito in un incidente lo scorso anno.
A guidare la delegazione azzurra c’erano Bebe Vio e Federico Morlacchi: “Essere avanti a tutti e portare la bandiera con Bebe e’ stata un’emozione veramente assurda, una grande carica in vista del via alle danze già domani mattina”, ha ammesso il nuotatore azzurro. “Con Federico a un certo punto ci si è incastrata la bandiera e ci abbiamo messo due ore per riuscire a sventolarla bene. Bello tutto, siamo molto onorati di aver avuto questo ruolo. Speriamo di aver rappresentato l’Italia nel migliore dei modi”, ha aggiunto Bebe Vio. “Quello che era impensabile un anno fa si è finalmente realizzato”, ha esclamato il presidente del Cip, Luca Pancalli, “si è riaccesa la fiaccola dei Giochi paralimpici e con essa non solo i sogni e le speranze dei circa 4.400 atleti venuti a Tokyo ma anche dell’umanità intera”.
Grande assente, l’Afghanistan, la cui bandiera e’ stata portata da un funzionario dell’Unhcr a causa dell’impossibilità dei suoi atleti di rappresentare il Paese. Lo ha fatto pero’ Mohammed Abbas Karimi, nuotatore afghano e portabandiera della delegazione dei Rifugiati, la prima a fare il suo ingresso nell’impianto.
Colpisce invece la scelta della Nuova Zelanda di rinunciare alla cerimonia per paura dei contagi da Covid-19. Era l’unica tra le 162 delegazioni a non sfilare. Poco prima dell’Italia è stata la volta dell’Iran, tra cui spiccavano i 2 metri e 46 del campione di sitting volley Morteza Mehrzad, secondo uomo più alto al mondo e oro a Rio 2016. Con i colori di Cuba invece spiccava la velocista ipovedente Omara Durand, pentacampionessa paralimpica, due ori a Londra 2012 e tre a Rio 2016, dove ha preferito restare nel mondo paralimpico nonostante tempi da Olimpiade.
Fonte ANSA
Foto Ferraro_BizziTeam
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