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Qatar 2022: “Tutto e il contrario di tutto”

Qatar 2022: “Tutto e il contrario di tutto”

Proseguono le testimonianze sul discusso campionato mondiale di calcio disputato in Qatar. Oggi ospitiamo il pezzo di Giacomo Capuano, che ha seguito l’evento come inviato di Rai Sport.

di Giacomo Capuano – Inviato di Rai Sport

Tutto e il contrario di tutto. Le sensazioni che restano sono piccoli pezzi del puzzle di un pezzo di vita, tra i segni di un mondo lontano, di una cultura diversa. Frammenti che un semplice cronista vorrebbe tradurre in certezze assolute da lasciare a chiunque si sia appassionato alla prima volta in terra araba; ed invece la memoria consegna solo dubbi, quasi come a voler dare ragione ad un famoso aforisma di Einstein: “La ricerca della verità è più preziosa del suo possesso”. Un coacervo di emozioni contrastanti,  come le facce di un’unica medaglia che è sembrato arrivare fino in Argentina con la festa dei Campioni del Mondo davanti ad un popolo di 5 milioni di tifosi che vivono però una quotidianità difficilissima per l’ennesima crisi economica e sociale. Calcio e non solo: sensazioni simili hanno accompagnato i tanti giorni di lavoro in Qatar.
Il portiere Emiliano Martinez che viene giustamente premiato per aver fermato i rigori dei franci (dei coraggiosi secondo la traduzione letterale del tardo latino), e si lascia andare ad un gesto plateale, brutto, antisportivo e di dubbio gusto.
Il contrasto evidente, percepito con lo scorrere dei giorni, tra i molti tifosi finti della prima fase (un’atmosfera quasi irreale, persone con le maglie di idoli sconosciuti che si tradivano con una strana uscita anticipata dagli stadi a metà secondo tempo, quando la partita avrebbe avuto ancora tanto da dire) e i tifosi sempre più veri, in arrivo continuo dopo la prima fase, a tal punto da intasare le receptions degli Hotel.
Da un lato metropolitane all’avanguardia, da far impallidire chiunque, a maggior ragione quei paesi come l’Italia, dove avere infrastrutture che funzionino, soprattutto in alcune aree, sembra un sogno quasi irrealizzabile (basta pensare alla situazione dei trasporti di  Roma, deficitaria da sempre, quale che sia il colore politico della giunta); di contro, un utilizzo dell’auto compulsivo, senza freni, dalle dimensioni enormi, con il naturale risultato di un traffico esagerato in strade a quattro corsie, tanto che, a volte, raggiungere la destinazione di una conferenza stampa o di un allenamento fuori dalla copertura dei mezzi pubblici, comportava un rischio oggettivo di ritardo. Grandi opere come gli stadi (che secondo l’esperto Spampinato potrebbero essere realizzati negli stessi tempi ovunque) che sono un modello assoluto  macchiato, però, dai diversi report internazionali, come quello di Amnesty International, sulle tante morti nei cantieri.
Sei sul posto, provi a capirne di più, a cercare notizie e le informazioni raccolte, seppur ovviamente parziali, ti portano su un’altra strada, difficile da verificare: la registri per quello che è.
Proprio Spampinato, l’architetto italiano chiamato dal Comitato Organizzatore nel 2016, come Stadium Design Manager per seguire la progettazione e l’esecuzione degli 8 stadi dei Mondiali, testimonia di aver visto condizioni accettabili per i lavoratori edili: dotazioni di strumenti di sicurezza, buona paga e villaggi vicino ai posti di lavoro con varie attività anche per le famiglie.  Le chiacchierate con chi ha avuto esperienza diretta, come alcuni lavoratori indiani, ti dicono più o meno la stessa cosa, troppo diversa dal dolore reale dei parenti delle vittime e qualunque riflessione di chi dovrebbe avvicinarsi ad una risposta da rimandare a chi è lontano si trasforma in un senso assoluto di impotenza.
Come quella vissuta nel tentativo di approfondire sul posto la questione dei diritti umani, delle libertà negate. In campo varie nazionali hanno provato ad alzare la voce per tenere accese le luci sull’argomento, anche se Infantino aveva fatto capire da subito che per la Fifa c’era spazio solo per il tema calcistico, come ho sperimentato personalmente, il primo giorno da inviato, quando una mano coprì il microfono davanti ad un’imbarazzata Mukansanga, per evitare che rispondesse alla domanda su cosa pensasse un arbitro donna della difficile condizione femminile nel Paese organizzatore della Coppa del Mondo.
Qualcosa difficile da testimoniare direttamente: quando si mette in piedi un qualunque grande avvenimento, ti fanno vedere sempre la parte migliore del luogo, si ripuliscono in fretta tutte le zone circostanti e se passi proprio in quei momenti potresti avere una visione distorta delle cose.
I 177 miliardi di euro investiti hanno avuto il loro effetto sull’occhio, sulla percezione di una potenza economica senza limiti che dà l’idea di poter avere tutto e il suo contrario: il Qanat Quaertier, nella nuovissima zona della Perla assomiglia ad un simbolo di valore assoluto: un’incredibile riproduzione di Venezia con tanto di Ponte di Rialto.   
La gentilezza e l’accoglienza, però, sono state percepite spontanee, senza prezzo: in ogni angolo l’impressione è stata di un atteggiamento vero nell’essere sempre disponibili con il sorriso, un’apertura comunque al dialogo, come un ponte per avvicinare due anime, per ridurre le distanze. Alla fine, un’esperienza dalle tante  sfumature, che forse già domani si racconterebbe in maniera ancora diversa. Un mese comunque unico di calcio. Un mese di contraddizioni. Un mese di vita.

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