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La rinascita del Bologna

La rinascita del Bologna

Immagine presa dal sito del Bologna FC

di Alberto Bortolotti – Consigliere Nazionale USSI

22 anni dopo l’Intertoto (e a 60 anni giusti dall’ultima partecipazione alla Coppa dei Campioni), una città si sveglia da un lungo sogno dorato, durato una stagione, e si trova ri-catapultata in una dimensione europea. Quella più alta.

A settembre 2022 il Bologna chiude l’esperienza con Sinisa Mihajlovic, l’innovatore che prende squadra e club rossoblù a gennaio 2019 dopo uno sciagurato 0-4 domestico con il Frosinone, li porta al decimo posto e poi vive, con il supporto di una comunità intera e l’ausilio di strutture sanitarie unanimemente riconosciute come qualitative, il calvario di una malattia senza speranze (due recidive sono troppe anche per un fisico e una psiche come possedeva il serbo). Squadre e club tentano la “dad” ai calciatori: non c’era altra strada per cercare di tenere tutto insieme, ma l’esperimento non riuscirà. 

Quel cambio di guida tecnica porta a polemiche, frutto dello stesso giudizio superficiale che viene dato oggi quando si tratta di affrontare i temi legati al calciomercato. Secondo il mondo calcistico contemporaneo, il Bologna donerà il suo sangue, leggi coach e giocatori, alle cosiddette “grandi” perché il suo destino non è di condividere i saloni affrescati della buona borghesia pallonara. Lo stesso mondo che, al momento dell’esonero di Sinisa, ignaro del fatto che in un anno solare si erano vinte solo cinque partite – e non era colpa di nessuno, ma erano numeri agghiaccianti -, strepitò sulla inumanità del gesto, ignorando quante attenzione proprietà e dirigenti avevano riservato alla famiglia del mister serbo (e che i suoi cari, più volte, riconosceranno).

Al Bologna, una comparsa (all’epoca), era richiesto pure di essere una Onlus. 

L’arrivo di Thiago Motta in città non è facile, risultati iniziali zoppicanti, guida poco esperta, la sgradevole sensazione di avere preso un granchio. Proprio la sconfitta 3-2 a Napoli, quegli azzurri che stanno già dominando, pare un abbozzo di inversione di tendenza. E il campionato scorso si chiude al nono posto, con il record dei punti dell’era Saputo, 54, nonostante all’ottava giornata fossero solo 6.

L’estate passa tra qualche ping-pong non sempre morbido tra staff tecnico e dirigenti e due notizie che a gioco lungo si riveleranno fondamentali: il Presidente Saputo mette il suo marchio sulle maglie della squadra e decide di vivere stabilmente a Bologna, a 100 metri dalle Due Torri. Il colpo di genio tecnico/commerciale è vendere Arnautovic, 32 anni, all’Inter per una cifra ragguardevole nonchè promuovere il “rapper” olandese Zirkzee al centro dell’attacco. Joh diventa il simbolo del giovanilismo di qualità di un Bologna nuovo, che seduce la città e, a poco a poco, perfino i titolisti dei TG generalisti: non c’é più “la Roma che perde” – definizione di una piattezza disarmante, pochissimo giornalistica -, c’è, soprattutto, il Bologna che vince.

La stagione, 5 sole sconfitte, un rendimento esterno che frantuma le squadre “europee” tra le loro mura (Atalanta, Lazio, Roma, Napoli) e una grande fungibilità di giocatori e situazioni tattiche, riporta il costante tutto esaurito al Dall’Ara, esodi per i match on the road, attese messianiche del rientro della squadra vincente, successi col sorriso, da Joey Saputo ai magazzinieri. Il lancio nell’Olimpo di Hit Parade di protagonisti quali Calafiori, Ferguson e Zirkzee è uno degli aspetti, ma se si dimenticasse il colpo di genio sartoriano di riportare in Italia Freuler, gli si farebbe un torto. E’ la prima pietra della costruzione europea, il metronomo elvetico, sublimata da una serie di capolavori tecnici e motivazionali, il primo dei quali è stato smontare un luogo comune quale la insostituibilità del portiere titolare. Qui ne ha alternati due e adesso ha una coppia di valore continentale. Il calcio migliore della Serie A si è nutrito anche di intuizioni geniali ma profondamente studiate, davvero nulla lasciato al caso. Un bel po’ all’inventiva dei giocatori, questo sì. Motta detta linee, non imbottisce i giocatori di nozioni teoricamente infallibili. 

Il futuro è aperto a qualunque soluzione. E se vi raccontassimo che la convivenza tra Thiago e Giovanni Sartori è un po’ appuntita, modello quella con Gasperini, non ci credereste. Eppure mai è trapelato segnale di discussione pubblica, dopo le frizioni di agosto. Bravi anche a mettere sotto il tappeto i dissapori. 

Rinasce la città, dicevamo, pacificamente invasa da orde di turisti magnaccioni. Rispettando il limite dei 30 all’ora di leporiano spunto, “Così si corre solo in Paradiso”, come recitava il claim di un evento di running dedicato alla Madonna di San Luca. Facile trovare assonanze con quanto Fulvio Bernardini disse l’anno prima dell’ultimo scudetto, 61 primavere orsono. Se restano tutti, o quasi, ci si potrebbe pure riprovare. E se poi qualcuno vorrà testare la forza di Thiago e del suo variopinto e straordinario staff, beh, fatela quella prova, cambiamoli, i nostri eroi. Il sottoscritto però non ci tiene più di tanto.

Si facesse un ulteriore step, sai dopo che baccanali di ragù, crescentine, tortellini e mortadella. Già oggi…

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