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Lo sport, dalle parole ai fatti

Lo sport, dalle parole ai fatti

L’ingresso in Costituzione deve significare crescita, sviluppo e coesione sociale, economica e dei territori con le nuove generazioni principali beneficiarie

di Mario Frongia

Un passaggio storico, emblematico e fecondo. Virtuoso e multitasking. Sullo sport che nel 2023 entra in Costituzione – e chissà cosa ne direbbero i Padri fondatori – gli aggettivi si possono sprecare. Anche per questo, comunque la si rigiri, è meglio andarci cauti e ottimisti al tempo stesso.

Per dire, il lavoro è pietra miliare della Carta. Ma di lavoro, sia che lo si abbia, sia che si faccia parte dell’esercito di nullafacenti, in Italia si continua troppo spesso a morire. Per ora, l’Ussi osserva con attenzione l’ingresso della propria materia di narrazione in una delle Carte ritenute tuttora tra le più evolute e performanti del pianeta. Ma le aspettative sono tante e variegate in una Nazione che ha tassi di attività e pratica sportiva che in ambito europeo la relegano in coda. Così come sono decisamente poco lusinghieri i dati inerenti le scuole dell’obbligo e la dimensione sport attivo. Mentre, per contraltare, obesità, patologie, stili di vita, movimento all’aria aperta e abitudini malsane evidenziano un’ascesa nociva. Un quadro che riguarda soprattutto, con numeri e percentuali forti, le nuove generazioni. Ed è questo, o dovrebbe esserlo, il vero bersaglio. Lo Sport che entra dalla porta principale nella Costituzione italiana è un gol che fortifica, avvicina, contribuisce a vivere ed essere migliori. È determinante per gli ultimi, i disagiati, gli immigrati, gli over 65, le mamme, studenti e studentesse di un’Italia che deve attrezzarsi per correre nel modo giusto. Senza fretta, ma anche senza i consueti tentennamenti.

L’enfasi che accompagna un passaggio che scomoda istituzioni, territori, centri urbani e periferie, dna e visione sociopolitica ed economica, perché di questo si tratta, è comprensibile. Ma poi, con costi di gestione e conduzione alle stelle, per migliaia di club, società, circoli, associazioni dilettantistiche, qualche dubbio sorge. Anche perché diventa dura scordare impianti obsoleti, se non insicuri, palestre, stadi, campi, piscine, piste, sale da scherma e da arti marziali con le crepe, chiusi e fatiscenti. Gli esempi, da Pordenone a Trapani, purtroppo non mancano. Ecco perché  è opportuno, doveroso per chi fa il nostro mestiere, porsi, e fare, qualche domanda.

Lo sport è manna universale. Ombrello, e airbag, ideale per uno sviluppo sociale ed economico equilibrato. Così come è un ottimo assist per la lievitazione culturale, l’integrazione, la lotta alle discriminazioni di qualsiasi genere e alla dispersione scolastica. Un menù da bonificare, utile per aiutare e accompagnare i giovani, futuri piloti del Paese. Che il ministro Andrea Abodi si compiaccia è legittimo. E siamo certi che nel profondo, da uomo che ha indossato e sa indossare scarpe da tennis, che sa cosa significhi fare sacrifici, sudare in canotta, condividere regole, rispetto per l’avversario e i valori, abbia ben chiaro che l’ingresso dello sport, con e senza maiuscola, debba prevedere a rimorchio anche un quintale di fatti concreti. Risorse, progetti e un modus operandi accessibile e spendibile dalle municipalità in tempi rapidi. E anche questo, tra burocrazia, giochi di potere e sottopotere, giardinetti personali da tutelare e rendite di posizione da perpetuare, è un compito e un traguardo mica da poco.

La modifica dell’articolo 33 della nostra Costituzione, attuata ieri dalla Camera dei deputati, è un pregiato flash civico e valoriale. Ma guai a lasciarsi abbagliare. Cosa che riguarda anche la nostra categoria. Per i cronisti, sportivi e no, sarà fondamentale ricordare, e verificare sul campo, il nuovo comma: “La Repubblica riconosce il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva in tutte le sue forme”. Il dipartimento Sport coglie l’attimo e richiama temi che inorgogliscono un po’ tutti. Dal “significato profondo e un valore inestimabile” alla cornice “sport per tutti e di tutti”, fino alle indispensabili “difese immunitarie sociali”. Preamboli ottimi “per migliorare la qualità della vita delle persone e delle comunità”. Bersagli e traguardi nobili, voluti con determinazione. Forse, è questo il bacino vero di confronto: la concretezza che conduce da parole e proclami ai fatti. Il ministro Abodi ha scritto con passione di “forza programmatica delle attività che dobbiamo svolgere, a ogni livello e nel rispetto dei ruoli, per trovare un equilibrio tra la soddisfazione delle vittorie, che spesso rappresentano l’unico metro di valutazione dell’efficienza del sistema sportivo, e l’allargamento della base dei praticanti e, comunque, l’allargamento del beneficio di fare attività motoria, di promuovere la cultura del movimento, che invece nel nostro Paese non è stata ancora pienamente garantita”.

Anche l’Ussi si affianca e sposa, da quello che è e rimane un appropriato osservatorio di garanzia e terzietà per i cittadini, un’agenda sportiva tricolore con appuntamenti preziosi. Di più, i cronisti – che nello Sport che diventa maggiorenne rivendicano non privilegi ma attenzioni, rispetto e diritti messi sempre più in gioco dalla protervia del business smodato e da interessi tutt’altro che condivisi – saranno sentinelle di questa sintesi. Buon lavoro.

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