di Dario Santoro – Aips/Ussi Young Reporters
TURCHIA: QUANDO ANCHE IL CALCIO SI FERMA DINANZI ALLE CALAMITA’ NATURALI – Dalla quarantena durante il periodo Covid alla guerra in Ucraina lo scorso anno fino all’ultima terribile disgrazia del terremoto in Turchia: anche il calcio ha dovuto fare i conti con le calamità naturali e non solo.
Erano le 2.17 di notte, ora italiana, quando il 6 febbraio scorso un boato spaventoso ha annunciato uno dei terremoti più devastanti degli ultimi anni. Un sisma di magnitudo 7.8 che nella notte tra domenica 5 ha colpito la zona tra la Siria e la Turchia meridionale, con epicentro a Gaziantep, causando migliaia di morti e feriti. Scene drammatiche da quel momento si susseguono sui nostri teleschermi e soprattutto per le strade di quei due paesi ed anche il mondo dello sport si ferma. Non è la prima volta, non sarà l’ultima purtroppo. Se in questi ultimi anni era stato prima il Covid a paralizzare lo sport e poi, in parte, la guerra in Ucraina le scene che arrivano dalla Turchia distrutta e in lacrime ci gonfiano il cuore. Mentre Olkan Demirel, ex portiere del Fenerbahçe e ora allenatore dell’Hatayspor, ha lanciato un commovente appello per incentivare le ricerche dei componenti della sua squadra (“Vi chiedo aiuto, inviate tutte le risorse che avete. Per favore, vi chiedo, per l’amor di Dio. Ci sono persone che stanno morendo qui”) l’ex giocatore del Napoli, Dries Mertens è impegnato in prima linea con i soccorsi e assistenza, imballaggio pacchi e solidarietà.
DAL TERREMOTO DELL’ ‘80 AD OGGI LA STORIA SI RIPETE: ANCHE I CALCIATORI SCAVANO TRA LE MACERIE – Scene già viste anche dalle nostre parti, in situazioni analoghe. Erano le 19.35 del 23 novembre del 1980 quando un terremoto di magnitudo 6.9 rase al suolo intere città di Irpinia e Basilicata. Quel giorno l’Avellino, partito in serie A con un -5 in classifica a causa del calcio scommesse, vinse al Partenio per 4 a 2 contro l’Ascoli grazie ad un autogol di Scorsa, una rete di Juary e una doppietta di Ugolotti, scatenando una festa che di lì a poco si sarebbe trasformata in tragedia. Il dramma di un’intera popolazione fu anche il dramma della squadra che si era ritirata nelle rispettive abitazioni tra Mercogliano e Avellino. Mario Piga, Juary e Guido Ugolotti hanno ricordato spesso quei momenti drammatici. Ugolotti ricostruì tutti i flashback: “Andammo a mangiare una pizza, guardavamo la televisione che trasmetteva il primo tempo di Juventus-Inter. Un mio amico, che oggi non c’è più chiese: “ma qui passa il treno?”. Io dissi di “no”. Dopodiché scoppiò il panico. Andò via la luce e nel buio pesto ci riversammo lungo lungo il viale alberato. Riuscii a trovare mia moglie. D’istinto e a memoria corremmo verso la piscina di Mercogliano. Quei 90 secondi non passavano mai. Pensai che fosse arrivata la nostra ora…ci trovammo ancora un po’ smarriti di fronte a qualcosa di inimmaginabile. Vedemmo le macerie, le lacrime e la disperazione della gente. Con il passare dei giorni, però, la squadra capì che doveva reagire. Doveva farlo per la popolazione.».
Juary ricordò come anche i giocatori andarono a scavare tra le macerie: “È stato il momento più brutto della mia vita. Ero giovane, non sapevo cosa fosse il terremoto. Un’esperienza sconvolgente, case crollate, gente senza vita ovunque. Tutti abbiamo dato una mano a scavare tra le macerie. Abbiamo conosciuto meglio orgoglio e coraggio del popolo irpino”
Mario Piga non ha mai dimenticato quei momenti: “Eravamo tutti a tavola per la cena. Avevo la forchetta in mano e i tortiglioni sul piatto, sentii tremare il pavimento come fosse entrata una ruspa da sotto per sfasciare tutto. Presi immediatamente il bambino in braccio, mentre Pierpaolo Marino che era con noi diceva: il terremoto, il terremoto…In pochi chilometri ho visto cose allucinanti: case crollate, pali della luce a terra, gente che gridava. Un’apocalisse. In ospedale assistetti ad altre scene incredibili, tutti erano presi dal panico. Ci siamo messi in macchina verso Roma dove avevamo dei parenti. Cinque ore di strada, c’era una coda mai vista e continuava a fare molto caldo”.
Anche nel 1976 lo sport fece la sua parte. Il 6 maggio del 1976 alle 21 un sisma di magnitudo 6.4 distrusse parte del Friuli, fermando i campionati regionali ed affidando all’Udinese il duro compito di portare un soffio di gioia tra lacrime e dolore. Memorabile la copertina del Guerin Sportivo che immortalò il campo da calcio di uno dei paesi distrutti, adibito a tendopoli con tanti sfollati sul rettangolo verde.
OGGI COME ALLORA I CAMPIONATI IN TURCHIA SI FERMANO – Oggi come allora i campionati in Turchia si fermano. Gli ultimi fatti di cronaca hanno stimato circa 15mila morti e un numero enorme di dispersi a causa del terremoto. Tra questi anche calciatori, come il 31enne ghanese Christian Atsu, trequartista con un passato nel Chelsea, diverse esperienze in Premier League, ed oggi giocatore dell’Hatayspor. Le prime notizie parlavano di miracolo con Atsu che sarebbe stato estratto vivo dalle macerie, poi la smentita. L’atleta – come ha riferito il direttore sportivo del club Taner Savut – non ha ancora dato notizie di sé dopo i crolli che hanno colpito la città. I compagni di squadra Burak Orsuk, Kerem Alici e Onur Ergun sono stati invece tratti in salvo. Niente da fare per il portiere dello Yani Matalyaspor Eyup Turkaslan, estratto senza vita dalle macerie.
L’ALLARME E I RICORDI DI MONTELLA, LA PAURA DEI GIOCATORI – Tra le persone che stanno vivendo (e rivissuto) in prima persona il dramma della popolazione turca e siriana c’è Vincenzo Montella, attuale allenatore dell’Adana Demirspor. Quando la terrà tremo in Irpinia nel 1980, allora Montella aveva sei anni e mezzo e viveva a Castello di Cisterna, paese dell’entroterra napoletano dove anche lì arrivò fortissimo il terremoto dell’Irpinia. L’ex attaccante, ora allenatore dell’Adana Demirspor, ha raccontato in una recente intervista di aver subito ripensato al 23 novembre del 1980: “Ricordo perfettamente che ero nel cortile di casa mia, tra le altre case. All’improvviso sentii un boato terribile. Ancora oggi non posso dimenticare quel rumore”. Dopo 43 anni si è presentato lo stesso scenario ma fortunatamente lui e la sua squadra erano in trasferta ad Istanbul e non nell’epicentro del terremoto, dove invece ha sede la squadra che attualmente allena: “Ci hanno riferito che sono crollati palazzi e anche l’hotel dove risiedo ha preso fuoco ed è stato evacuato, siamo tutti preoccupati e in balìa degli eventi. C’è paura, ma stiamo tutti bene. Ci sono continue scosse di assestamento, ma i giocatori ovviamente sono tutti preoccupati per le famiglie e attendono di tornare a casa”.
La gara di solidarietà è partita, anche lo sport farà la sua parte. Come sempre. In attesa di tornare a svolgere il suo ruolo, stavolta – forse – più importante che mai, come disse Ugolotti: «Divenimmo un simbolo di riscatto sociale. Se riuscivamo nell’impresa di salvarci ci sarebbe riuscita anche l’Irpinia. Se il calcio poteva servire a lenire il dolore, noi scendevamo in campo per regalare una gioia al nostro popolo. Anche se una gioia temporanea».