
di Riccardo Signori – Vicepresidente USSI
Fra goleador ci si intende. Lo ha confermato Pietro Paolo Virdis, il più grande bomber sardo della serie A, tenendo fra le mani il premio intitolato a Renato Raccis, bomber classe 1922 che, come lui, ha lasciato il segno giocando nel Milan nella stagione ‘47-‘48. “Non avevo idea, ma Raccis era uno che ci prendeva spesso”, ha esclamato Virdis tra stupore e ammirazione, prima di tornare a riepilogare la storia sua vissuta tra il Cagliari del cuore, la Juve del malcontento e il Milan che gli ha regalato scudetti e coppe con inchino particolare “ad Arrigo” che poi è Sacchi “il tecnico che ha inventato un nuovo modo di giocare calcio”. Dunque il premio al cannoniere sardo più grande nel nome di un cannoniere (a Milano giocava mezzala numero 10, oggi sarebbe un ideale “9 e ½”) che ha lasciato traccia a Livorno e al Milan, primo goleador sardo della serie A. Purtroppo, proprio nel periodo rossonero, la tubercolosi ne ha bruscamente interrotto la carriera quando anche il ct Pozzo stava pensando di affidargli una maglia della nazionale, avendone intuito un successore di Valentino Mazzola. Il premio “Centenario Renato Raccis” è stato officiato a Milano, ospite nella sede del Coni regionale, in collaborazione con Ussi, Gruppo lombardo giornalisti sportivi (Glgs), per la regia di Carlo Delfino editore di stanza a Sassari che, dal 1981, si occupa della cultura e della storia sarda e questa volta presentava il libro: ”Renato Raccis, il bomber fermato dal destino”. Dietro la bandiera dei “quattro mori”, rimpatriata fra sardi di tutto il mondo, ospite d’onore Gavino Sanna, con gli autori Maria Fadda e Umberto Oppus, sindaco di Mandas “cittadina che ha tratti della Cornovaglia” scrive nella prefazione Gianfranco Coppola, presidente Ussi. Da Mandas è partito Raccis, carico di sogni per l’avventura in continente, ingaggiato dal Prato per uno stipendio di 140mila lire prima di concludere una storia di gol e grandi sfide tra Livorno e Milano. Presenti Sergio Giuntini, vicepresidente della Società italiana di storia dello sport, i figli di Raccis, Giorgio e Donatella, Anita Pili, assessore regionale dell’Industria, Mario Frongia, Riccardo Signori e Gabriele Tacchini in rappresentanza dell’Ussi. Giorgio e Donatella Raccis hanno raccontato del carattere schivo del padre, ma ne hanno tratteggiato la bella avventura calcistica. La malattia che lo ha fermato è stata una condanna agonistica, sostenuta interamente a spese proprie a differenza di quanto succede oggi nel mondo del pallone, dove i giocatori sono garantiti sotto ogni punto di vista. Raccis portò il suo caso in tribunale e, negli anni Sessanta, vinse la causa, il Milan dovette ripagare le spese, la sentenza fece giurisprudenza perché assodò la responsabilità dei club nei confronti dei calciatori e della loro salute. “Renato Raccis è stato una delle prime figure ad impersonare il mio ideale sportivo in quanto dotato di quella lealtà e correttezza che solo lo sport pulito sa dare”, lo scrisse in una lettera Carlo Azeglio Ciampi, ex presidente della Repubblica. Vale il bel ricordo centenario.
